I pretoriani del copyright
Posted: Marzo 19th, 2007 | Author: getupkids | Filed under: materiali | Commenti disabilitati su I pretoriani del copyrightripubblichiamo qui quest'articolo di Benedetto Vecchi sul copyright, uscito sulle pagine de Il Manifesto di venerdì scorso... all'articolo, piuttosto breve, ci permettiamo di aggiungere due rapide considerazioni, che speriamo di sviluppare meglio in futuro:
1. gli svizzeri – cari! – non sono nuovi a questo tipo di imprese, avendo avuto un ruolo abbastanza losco anche nel sequestro dei server di indymedia, nel 2004. pare che la loro neutralità non sia poi tanto tale, visto che sono sempre pronti ad aprire la porta (e le banche) a servizi segreti, sbirri, affaristi e truffatori…
2. l'Unione Europea, costruzione politica in larga parte determinata e condizionata da necessità economiche, ha adottato e sta adottando severe misure sul copyright. questo perchè (come pure in altri campi) ha recepito ben prima delle legislazioni nazionali i dettami del WTO e delle altre organizzazioni neoliberiste. purtroppo i governi nazionali sono ancora troppo "democratici", ed hanno più vincoli…
ma adesso ci stiamo allungando, quindi… buona lettura!
i pretoriani del copyright
La legge sul diritto d'autore non conosce frontiere. E così accade che una società italiana, una tedesca e una terza che ha sede in un paese, la Svizzera, da sempre neutrale si trovino di fronte a un giudice italiano che per dirimere un contenzioso attorno al copyright applichi una direttiva dell'Unione europea. L'industria discografica tedesca (la Hannover Peppermint Jam Records Gmbh) ha chiesto infatti alla magistratura italiana di imporre alla nostrana Telecom di avere gli indirizzi di 3636 internauti che hanno scambiato tra loro file musicali protetti da copyright. Le prove sono state fornite da una società privata svizzera, la Logistep, che ha monitorato la rete alla ricerca di illeciti. Richiesta accolta dal tribunale di Roma, che ha emesso una sentenza che dà ragione alla casa discografica tedesca facendo riferimento non a una legge italiana, ma alla direttiva dell'Unione europea definita di «Ip enforcement». Gli utenti italiani chiamati in questione si sono scambiati file su «piattoforme» peer to peer, cioè hanno utlizzato dei siti Internet «pubblici», ma lo scambio ha tuttavia coinvolto dei «privati». La Logistep ha affermato che non c'è stata nessuna violazione della privacy, perché non c'è stata nessuna intromissione nel computer dei partecipanti allo scambio. Ma rimane il fatto che una società privata ha di fatto compiuto un'«intercettazione» telematica di un messaggio tra privati cittadini. Infine, si dimentica di ricordare che Ip enforcement è stata emanata in un claustrofobico clima di «emergenza sovranazionale», visto che in Europa la messa sotto controllo di Internet è stata chiesta e ottenuta, non senza dubbi e aspre opposizioni, in nome della lotta del terrorismo. Cosa c'entri il peer to peer con il terrorismo rimane un mistero. La decisione della magistratura romana è una vera e propria inversione di rotta nel comportamento dei giudici italiani, abbastanza sensibili in materia di privacy. I pretoriani del diritto d'autore ne saranno contenti. Da oggi, però, Internet sarà meno libera.